Le colline del Nord




Una scritta a Carcelén Bajo:
La libertà è come il mattino, ci sono quelli che
camminano nella notte per trovarla
e altri che aspettano addormentati
Colinas del Norte, il quartiere dove lavoro, non si è sempre chiamato così. Dopo molti anni di gestione dissennata da parte di una cooperativa il popolo si è ripreso il quartiere ed ha deciso di abbandonare il vecchio nome Comité del Pueblo n° 2. Quest’esigenza nacque sia dal fatto che trovare lavoro dichiarando di provenire da Comité del Pueblo con la sua pessima reputazione era impossibile, sia per esprimere una rottura con il passato. “Bienvenidos a Colinas del Norte, un barrio lindo y limpio para vivir” (“Benvenuti a Colinas del Norte, un quartiere bello e pulito dove vivere”): la prima volta che ho letto questo cartello non ho potuto che storcere il naso. Colinas un quartiere bello: sarebbe ironia questa? Le strade sono rotte, la gente è povera, le case cadono a pezzi, i cani randagi ad ogni angolo. Solo quando il presidente di ASA ci racconta la storia che ha cambiato Comité del Pueblo n°2 in Colinas del Norte capisco che quella del cartello non è affatto ironia: le strade pochi anni fa non esistevano, sono stati gli abitanti a costruirle con la loro fabbrica di adoquinos e con il loro lavoro volontario gratuito a servizio della comunità. Hanno deciso con le loro assemblee di volere una biblioteca, un orto, di voler impegnarsi a mettere su un’impresa tutta loro per la raccolta differenziata dei rifiuti e di utilizzare gli scarti organici per produrre compost che poi avrebbero venduto.
Fin quando non è arrivato il municipio che ha deciso di prendersi il business dei rifiuti (amici italiani: vi ricorda qualcosa?) e di togliere questo bellissimo progetto al popolo. Fin quando non si è cominciato a stare relativamente bene a Colinas, tanto che la gente non frequenta più le assemblee di quartiere come prima, come se sentissero di non avere più nulla per cui lottare. Ma com’è possibile? C’è ancora tantissimo da fare! È vero, per loro adesso Colinas del Norte, sezione La Planada, è un posto bellissimo e pulitissimo, ai miei occhi la lotta è solo all’inizio e i risultati ottenuti dovrebbero spingere gli abitanti a fare di Colinas un esempio virtuoso per tutti, non ad adagiarsi su quello che hanno già ottenuto!

Festa di Natale ad Acuarela
Arrivo al mattino e mi fiondo a scuola: dalle 8.15 alle 12 non ho un momento di respiro e il tempo vola finché i bambini tornano a casa, tranne quelli del doposcuola, e la Unidad Educativa Acuarela piomba nel silenzio dell’ora di pranzo. Qui mi sento a casa, ad osservare dall’alto la moderna Quito facendo filtrare lo sguardo tra edifici che sembrano bombardati, con i pali di ferro del cemento armato che spuntano dai muri non finiti, le strade pavimentate con gli adoquinos fino ad un certo punto e poi mangiate dall’erba. Nella mensa la signora di solito burbera che prepara i pasti mi dice con una risata: “Ma dove è stata? Già sentivamo la sua mancanza!” dopo due giorni in cui non sono andata a mangiare il mio pranzo. Risalgo lentamente la strada che porta dalla mensa alla scuola, è una bellissima giornata di sole, è gennaio e sto a maniche corte anche se in ufficio dovrò mettermi felpa e cappotto e l’escursione termica sta facendo esasperare il mio sistema immunitario. Mi guardo attorno e tutto mi è famigliare: dei ragazzini del doposcuola mi indicano dicendo “È la professoressa di inglese!”, passo dall’asadero a comprare le patatine per una collega e uno dei circa 115 bambini di Acuarela sta aiutando la mamma pulendo minuziosamente la vetrina del modesto locale con i mattoni a vista. “Es que algunos de nuestros niños ya son adultos” mi disse una volta una maestra. Sono immersa nei miei pensieri e una signora mi sveglia dal torpore con un “Buenos días licenciada!” (“Buongiorno dottoressa”). Torno a lavoro e correggendo i compiti di inglese dei bambini mi rendo conto che ci sono voti inaspettatamente alti: Jordy, Alexander, María Sol che ha preso un voto basso solo perché è incapace di stare seduta con un foglio davanti ad eseguire le istruzioni ma in realtà è la migliore della classe… allora non sarò tanto male come insegnante! Ma non sto imparando solo un mestiere, sto imparando a vivere secondo paradigmi diversi.

E mi sento simile a loro, agli abitanti di Colinas, proprio perché non sono una privilegiata, non vengo da una famiglia agiata a regalare quaderni e vestiti né a saldare debiti di istituzioni educative che gestiscono male i soldi. Arrivo senza una lira solo grazie all’UE che copre tutte le spese e vengo a cercare io aiuto. Forse perché come loro tendo a passare inosservata, un Paese che non brilla nei mondiali di calcio nonostante questo sia lo sport nazionale, né è famoso per i cappelli Panama che portano il nome di un altro Stato ma sono confezionati in un paesino ecuadoriano noto per aver ospitato l’assemblea costituente del 2008. E chi di voi sapeva che il cioccolato più buono al mondo, quello svizzero, è prodotto con cacao ecuadoriano? L’Ecuador ha cambiato il mio modo di vedere le cose, il mio concetto di acqua calda, di necessità, di relazioni interpersonali, di opportunismo, di tempo, ha cambiato persino la mia grafia dato che i compiti che copio sui quaderni di tutti i bambini sarebbero totalmente incomprensibili se li scrivessi normalmente. Non sto imparando un mestiere, non sto visitando occasionalmente un bel Paese con tante assolate spiagge: sto imparando a vivere secondo nuovi paradigmi.

Paola A.

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